La crisi dei pitagorici I problemi relativi all’infinito hanno avuto la loro influenza in tutti i tempi, e hanno sempre (anche adesso) presentato gravi difficoltà. La scoperta della incommensurabilità tra diagonale e lato di uno stesso quadrato, fatta dai Pitagorici se non dallo stesso Pitagora, metteva infatti in crisi tutta la loro filosofia, perché faceva cadere l’ipotesi che le cose fossero numeri, che il costituente della realtà fosse la monade, punto-atomo, indivisibile ma non evanescente dotato di dimensioni. Scoperto che esistono segmenti che non possiedono un sottomultiplo comune (segmenti incommensurabili) ne viene di conseguenza che il punto non può avere dimensioni perché, se così fosse, esso dovrebbe costituire un sottomultiplo di tutti i segmenti, e quindi tutti i segmenti dovrebbero essere commensurabili tra di loro. I greci, costretti ad ammettere che il punto non può avere dimensioni, deducono che ciascun segmento è costituito da infiniti punti. Di qui l’origine della tragedia pitagorica che seguì a scoperta degli irrazionali. La geometria, nata per studiare il mondo esterno, il reale, si rivelava diversa dal mondo esterno. L’atomo ha dimensioni, il punto no; essi non sono quindi la stessa cosa come avevano ritenuto i Pitagorici. Il problema fu risolto quando, rinunciando alla convinzione che costruire la geometria voleva dire fare una costruzione razionale del reale, si ammise che la geometria rappresentasse una idealizzazione della realtà. (questa idea si venne formando nella stessa scuola pitagorica). Non dobbiamo stupirci del fatto che la scoperta dei numeri irrazionali fosse tenuta gelosamente segreta dai Pitagorici. Bisogna sapere che essi costituivano una singolare ”setta”, una specie di antica massoneria, che aveva i suoi riti e i suoi misteri, e che aveva un suo preciso “credo” scientifico-religioso e anche politico. (In politica, i Pitagorici, e il loro maestro Pitagora per primo, erano per i governi