Etudiante
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"Ossi di Seppia" [modifica] | Per approfondire, vedi la voce Ossi di seppia. |
Il primo momento della poesia di Montale rappresenta la felice affermazione del motivo lirico. Montale, in Ossi di seppia (1925) editi da Piero Gobetti, attinge l'impossibilità di dare una risposta all'esistenza: nella lirica "Non chiederci la parola" (introduzione in Ossi di Seppia), egli afferma che è possibile dire solo "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", sottolineando la negatività della condizione esistenziale. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza umana, logorata dalla natura, e che ormai si è ridotta ad un oggetto inanimato, privo di vita. In tal modo Montale capovolge l'atteggiamento fondamentale della poesia: il poeta non può trovare e dare risposte o certezze; sul destino dell'uomo incombe quella che il poeta, nella lirica "Spesso il male di vivere ho incontrato", definisce "Divina Indifferenza", ciò che non mostra alcuna partecipazione emotiva nei confronti dell'uomo. La prima raccolta di Montale uscì nel giugno del 1925 e comprende poesie scritte tra il 1920 e il 1925. Il libro si presenta diviso in quattro sezioni: Movimenti, Ossi di seppia, Mediterraneo e Meriggi; al tutto è preposta una poesia, In limine (sulla soglia) che fa da chiave di lettura. Il titolo della raccolta vuole evocare i relitti che il mare abbandona sulla spiaggia, come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile, vuole dirci il poeta, sono le sue poesie; in un'epoca che non permette più ai poeti di lanciare