Se questo è un uomo
Voleva far sapere, che tutti siano a conoscenza della tragedia vissuta, che tutti lo ascoltasse. Appunto il significato della parola “shemà”: ascolta. La poesia è composta da quattro strofe, da cui due messe in rilievo. Primo Levi si rivolge a quelli che sono all’oscuro dei campi di concentramento: la poesia inizia e finisce con il pronome soggetto “voi”. Gli interlocutori di Primo Levi sono inclusi, imprigionati nella poesia stessa. Come se avessero fatto parte pure loro dell’avventura tragica di Primo Levi. Il genere umano nel suo insieme prese parte in questa storia. La gente fortunata è presente nella prima e terza strofa.Le parole della prima strofa (“sicuri”, “tiepide”, “cibo caldo”, “amici”) appartengono al campo lessicale della vita sicura, della pienitudine. Niente di grave può accadere, tutto va liscio. E scoppia la seconda strofa. Scoppia l’impensabile. L’uomo messo sotto le luci da Primo Levi è sottoposto ad azioni violenti: “lavora nel fango”, “non conosce pace”, “lotta”, “muore”. Gli sono concesse solo azioni che tendono a distruggerlo, ad anientarlo per arrivare alla meta voluta dai nazisti: la desumanisazzazione. Per questo Primo Levi fa riferimento al canto XXVI dell’Inferno dove Dante accena ai consiglieri fraudolosi che hanno perso apparenza umana (gli unici nell’Inferno con i suicidati).
La volontà di anientare l’uomo è pure data dal ritmo della strofa: una punteggiatura quasi inesistente. Gli esseri umani che popolano i campi agiscono come macchine, senza mai fermarsi, senza aver un minuto di sollievo. L’aliterazione in “c” (“considerate”, “che” per quattro volte) dà l’impressione di durezza, di colpi assestati