La volpe e la cicogna
Monna Volpe un bel dì fece lo spicco e invitò la Cicogna a desinare.
Il pranzo fu modesto e poco ricco, anzi quasi non c'era da mangiare.
Tutto il servizio in ultimo costrutto si ridusse a una broda trasparente servita in un piattello. Or capirete se, in grazia di quel becco che sapete, la Cicogna poté mangiar niente.
Ma la Volpe in un amen spazzò tutto.
Per trar vendetta dell'inganno, anch'essa la Cicogna invitò la furba amica, che non stette con lei sui complimenti.
La Volpe, a cui non manca l'appetito, andò pronta all'invito.
Vide e lodò il pranzetto preparato, tagliato a pezzi in una salsa spessa, che mandava un odore delicato.
Ma il pranzo fu servito per dispetto in fondo a un vaso a collo lungo e stretto.
Ben vi attingea col becco la Cicogna per entro la fessura, ma non così Madonna Gabbamondo, per via del muso tondo e non ridotto dell'anfora alla piccola misura.
A pancia vuota e piena di vergogna, se ne partì quell'animale ghiotto mogio mogio, la coda fra le gambe, come una vecchia volpe malandrina che si senta rapir da una gallina.
Vuol dimostrare questa favoletta che chi la fa l'aspetta.
A mio parere, la morale di una favola non è mai del tutto scontata o certa; ciascuno di noi, infatti, trova dentro di essa quello che vuole trovare et quello che ne intravede è basato sulle proprie esperienze di vita. E' per questo motivo che ho cercato di dare diverse spiegazioni all'ammonimento che trapela da questa storia.
La morale "Trompeurs, c'est à vous que j'écris, attendez-vous à la pareille" sembra, da una prima lettura, essere un avvertimento soltanto per coloro che ingannano o vogliono prendersi gioco degli altri, il classico "occhio per occhio, dente per dente" del codice di Hammurabi. Secondo me, tuttavia, se si riflette sugli ultimi due versi con più attenzione, possiamo cogliere un importante insegnamento, stavolta rivolto a tutti i lettori: dobbiamo rispettare le