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ROMA - Accende il dibattito politico tra i due poli ma anche all'interno della stessa maggioranza la decisione del prefetto di Treviso, Vittorio Capocelli, di legittimare il burqa. E ad infiammare le polemiche si aggiunge anche l'approvazione del ministro per la Famiglia, Rosy Bindi. Alla quale replica la collega titolare del ministero per i Diritti e le Pari Opportunità Barbara Pollastrini. «Sono sconcertata e indignata - spiega la Pollastrini -. Come ho sempre detto, ritengo la copertura integrale del volto un'offesa alla dignità delle donne». Sul burqa, sottolinea il ministro per le Pari Opportunità «non può esistere alcuna ambiguità. Il no è netto». «Nel nostro Paese - aggiunge la Pollastrini - esiste la legge numero 152 del 1975 che, all'articolo 5, vieta di fare uso, in luogo pubblico, di una copertura totale del volto. Questa normativa va applicata con fermezza e saggezza. E del resto, il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il Ministro degli Interni Giuliano Amato sono sempre stati chiari in merito».
«PENSARE BENE AI DIVIETI» - Rosy Bindi non si lascia intimorire dalla reazione della collega Pollastrini e spiega che prima di vietare l'uso del burqa «occorre pensarci bene», perchè se esso è «segno di oppressione» va combattuto, ma se «è simbolo di una cultura liberamente scelta» allora va tollerato. E appoggia il provvedimento del prefetto di Treviso anche il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. «A mio giudizio - spiega Ferrero - il provvedimento del prefetto di Treviso sul burqa è intelligente ed evita contrapposizioni fittizie, perché permette di identificare una persona ma non impedisce l’utilizzo di un costume religioso. Si dovrebbe imparare dal buon senso del prefetto - conclude il ministro per la