Schelling
Schelling si distacca da Fichte non tanto sul versante dell'IO quanto su quello del non-IO. Egli infatti rifiuta la riduzione della natura a mera posizione dialettica dell'IO puro, e opta per una concezione più organica e vivente della natura (che non ha nulla a che vedere colla fisica meccanicista anglo-francese, importata in Germania dal criticismo di Kant).
Lo stesso Schelling indicherà nello studio della chimica dei gas l'elemento che determinò la sua emancipazione dalla filosofia fichtiana. Il riferimento era ai risultati raggiunti da Priestley e soprattutto da Lavoisier sull'isolamento dell'ossigeno e sulla possibilità di unire idrogeno e ossigeno per produrre l'acqua (ritenuta fino a quel momento un corpo semplice non scomponibile).
Schelling riscopre un concetto di natura come un tutto organicamente connesso. Questa peraltro era stata l'idea dell'animismo neoplatonico rinascimentale, cui si riconducevano le varie tradizioni magico-occultistiche e alchemico-astrologiche: idea uscita sconfitta dal confronto colla matematizzazione della natura operata da Bacone, Galilei, Newton, ecc. In Germania, non essendovi stata al tempo di Schelling una rivoluzione borghese che promuovesse uno studio scientifico della natura, quella filosofia arazionale della natura aveva continuato a svolgere un ruolo di cultura subalterna (o come ideologia di gruppi e società segrete).
Schelling dà grande importanza alle tre forme dell'animazione universale: magnetismo, elettricità e chimismo. Il suo tentativo è quello di usare queste tre forme di movimento per costruire una filosofia della natura che obbedisca alla regola dell'unità organica, vivente, animata, capace di perenne trasformazione della natura. Non gli interessa l'atteggiamento dell'illuminismo secondo cui la scienza è possibile solo là dove esiste specializzazione di campi separati d'indagine.
Perché il magnetismo? Perché esso consente di pensare alla coesione delle varie parti dell'universo e